"5 è il numero perfetto" di Igort: un noir napoletano tra vendetta, poesia e malinconia
Pubblicato nel 2002 da Coconino Press, 5 è il numero perfetto è un’opera a fumetti – sì, proprio una storia a fumetti, perché c’è chi ancora fatica a dire o scrivere "graphic novel", termine che spesso sa di ostentazione snob, di intellettualismo d’accatto. È una diffidenza comprensibile, specie per chi è di sinistra ma non si riconosce nei cliché di certi salotti intellettuali. Eppure, chiamatela come volete, questa è una delle storie più belle scritte e disegnate da Igort. E lo è davvero.
Lo conferma lo stile visivo innovativo, che nel 2002 colpì per la sua forza evocativa e per un uso della bicromia che oggi può sembrare comune, ma che all’epoca fu sorprendente e originale. Un tratto grafico essenziale, controllato, ricco di suggestioni cinematografiche; inquadrature costruite come fotogrammi; dialoghi secchi, asciutti, ma mai banali. Tutti elementi poi imitati, copiati, spesso anche malamente, da chi ha provato a rifare Igort senza averne il peso o l’onestà.
Questa è invece un’opera autentica, un vero capolavoro. Lo si capisce da quelle storie che, una volta chiuse, restano dentro. Perché un capolavoro, in fondo, è qualcosa che ti lascia un’emozione che non passa, che torna ogni volta che ci ripensi. 5 è il numero perfetto è esattamente questo.
Prima di Gomorra, prima che Napoli diventasse la città “di moda” nei media grazie al successo di Roberto Saviano, Igort – che non è napoletano – riuscì a cogliere qualcosa di profondo, di autentico e struggente nella città. Napoli, in questa storia, non è cartolina, non è folclore, non è “o’ sole” o pizza. È una città blu, noir, perennemente notturna. Una Napoli segnata dal silenzio, dalla pioggia, dal lutto. Una Napoli vicina a quella descritta da Matteo Garrone nei suoi film, dove le ombre si muovono più della luce.
Il racconto si sviluppa come una tragedia in stile classico, ma attraversata dalla malinconia del noir. È la storia di Peppino Lo Cicero, un vecchio sicario della camorra in pensione che torna in azione dopo la morte del figlio Antonino. È una storia senza investigatori né giustizieri: solo carnefici e vittime, in un mondo dove la distinzione non è più netta. È anche la storia di una camorra “d’altri tempi” che viene travolta da una nuova generazione di criminali senza codici né memoria. I valori – se si possono chiamare così – del vecchio crimine organizzato cedono il passo all’istinto, alla rabbia cieca, alla ferocia delle baby gang.
Peppino è un uomo d’onore malinconico, un personaggio tragico, che conserva ancora una forma di umanità nel suo essere killer. È l’emblema di un noir all’italiana che affonda le radici nella letteratura, nel cinema e nel fumetto, ma che Igort rielabora con voce personale e poetica. Il suo lavoro è stato apripista per un’intera generazione di fumetti italiani più introspettivi e intimisti, spesso celebrati come "autoriali", ma talvolta – va detto – anche mediocri e pretenziosi.
Come ha osservato Manara, nel fumetto italiano è morta l’avventura, è morto il piacere dell’evasione. Eppure 5 è il numero perfetto dimostra che si può raccontare una storia forte, viscerale, appassionante, senza rinunciare all'intelligenza e alla profondità. Igort non appartiene alle mode, non segue le correnti. È un Maestro, e con questo libro lo dimostra appieno.
Il volume è stato tradotto in numerose lingue, adattato al cinema nel 2019 con Toni Servillo protagonista, ed è stato pubblicato in molte edizioni diverse. Ma se volete davvero leggerlo, cercate l’edizione originale Coconino: magari la trovate, come è successo a me, a cinque euro su eBay. E a quel punto, tenetevela stretta. Perché 5 è il numero perfetto è una di quelle storie che non si dimenticano più.
