Negli ultimi anni '70, dopo l’avvento di Goldrake, una valanga di cartoni animati giapponesi invase le reti televisive italiane, spaziando anche nelle “regionali private,” come si diceva un tempo. Questa ondata coinvolse un vasto pubblico di bambini e ragazzi dell’epoca, portando con sé un’aria di novità che, come spesso accade, suscitò timori tra le madri preoccupate, le quali consideravano le serie animate “giapponesi” inadatte e troppo violente per i propri figli. Così, si inaugura una nuova era, quella dei robottoni e delle serie animate nipponiche, che hanno segnato un punto di svolta nella storia dell’animazione.
In Italia, naturalmente, non passò molto tempo prima che nascessero giornalini apocrifi dedicati a narrare in modo sgangherato le gesta di questi nuovi eroi: Eroi in TV, Cartoni in TV, La Banda TV, e così via. Questi giornalini, pur essendo di qualità variabile, hanno avuto un ruolo fondamentale nel diffondere la cultura dei cartoni animati giapponesi tra i giovani italiani.
Sebbene la qualità artistica di questi disegni non fosse sempre impeccabile, è doveroso sottolineare che gli illustratori dell’epoca avevano ancora molto da imparare riguardo a Mecha e allo stile Manga. Nonostante questo, hanno saputo creare opere memorabili che hanno lasciato un segno indelebile nell’immaginario collettivo.
Tuttavia, tra di loro, alcuni disegnatori di spicco come Leone Cimpellin, Studio IF, Truscia e molti altri, contribuivano con il loro talento a dare vita a queste riviste. Questi artisti, con la loro abilità e creatività, hanno contribuito a definire l’estetica dei cartoni animati giapponesi in Italia.
La Mondadori, nel 1981, decise di raccogliere in un volume antologico alcune delle storie presenti in queste riviste a fumetti, pubblicando “Il Super Libro dei Cartoni in TV,” sulla scia del precedente volume “Il Super Gulp” lanciato un paio di anni prima. Questo volume rappresenta un importante documento storico, che testimonia l’entusiasmo e la passione per i cartoni animati giapponesi che si respirava in quel periodo.
Il formato e la veste grafica del volume ricordano molto il predecessore e al suo interno si trovano storie di Aper Magà, Mazinga, Faiking Daitarn reinterpretate attraverso stili grafici diversificati. (Daitarn, ad esempio, assume quasi un’impronta “Bonelli,” mentre Gaiking presenta addirittura uno stile “Underground”). Questa varietà di stili riflette la ricchezza e la diversità della cultura dei cartoni animati giapponesi.
Nonostante non si tratti di un volume di fumetti d’autore o di graphic novel di alto profilo, ritengo che, solo per l’effetto nostalgia di quegli anni e per i ricordi che suscita, questo libro debba far parte della biblioteca di ogni appassionato di fumetti che ha vissuto l’infanzia in quel periodo. Questo libro rappresenta un tuffo nel passato, un viaggio nella memoria che riporta alla mente i momenti felici dell’infanzia.